La Juve Caserta ha raggiunto l’apice tra la fine degli anni 80 e l’alba dei 90. La coppa Italia conquistata ai danni di Varese, l’epica finale di coppa delle coppe ad Atene contesa al Real Madrid, l’incommensurabile gioia dello scudetto vinto a Milano nel 1991 sono i traguardi apicali di un club che nel giro di poco tempo lanciò il guanto di sfida a squadre ben più titolate.  La storia di questo club ha però radici lontane, fatte di uomini che si sono prodigati per la causa. Antonio Di Lella è tra questi.

Per gli amici di 𝑷𝒂𝒔𝒔𝒊𝒐𝒏𝒆𝑩𝒂𝒔𝒌𝒆𝒕 ecco allora la mia intervista a Antonio Di Lella. Buona Lettura!


D.) Come si è avvicinato alla pallacanestro?

R.) ”Ai tempi della mia gioventù il basket era uno sport elitario, i ragazzi gli preferivano il calcio. Ho iniziato a praticare la pallacanestro dai Salesiani, dove mi recavo insieme al mio fraterno amico Gianfranco Piccolo. Nel 1969, Caserta insieme a Napoli era stata scelte come sede degli Europei. Insieme a Romano Piccolo, altra istituzione della pallacanestro casertana (l’impianto di Viale Medaglie d’oro è intitolato a lui-N.D.A.) mi recai a seguire alcune partite in quel palazzetto appena inaugurato. Da allora, l’amore verso questo sport non mi ha mai abbandonato”.

D.) La parte più rilevante della sua carriera si è consumata con indosso la casacca bianconera.

R.) “Ho fatto la classica trafila, dalle giovanili fino alla prima squadra. Ricordo i primi risultati di un certo rilievo: finali ai Giochi della Gioventù ed ai campionati italiani Juniores. Nel 1974, insieme agli amici Sergio Donadoni e Mario Simeoli entrai in prima squadra. Nel 1974, approdammo in A”.

D.) Che tipo di giocatore è stato?

R.) “Da ragazzo ero un tiratore notevole, capace anche di realizzare in diverse partite anche 30 punti. Quando approdai in prima squadra i miei compiti mutarono.  Divenni un play puro, dedito alla costruzione del gioco. Iniziai a mordere anche in difesa. Recuperavo palloni e partivo in contropiede. I sostenitori casertani mi apprezzavano per il mio spirito battagliero. Qualche addetto ai lavori mi paragonò addirittura al grande Mike D’Antoni, proprio per la mia capacità di bruciare sul tempo gli avversari. La cosa mi riempì d’orgoglio, chiaramente”.

D.) Ha vissuto un’epoca di grandi speranze. Caserta usciva dal guscio, e si accingeva a diventare una grande della pallacanestro italiana. Che atmosfera si respirava in città?

R.) “Si percepiva un crescente entusiasmo. Giocavamo contro squadre e giocatori della cui esistenza fino a poco tempo prima, sapevamo solo per sentito dire. Avvenne tutto velocemente. Il ricordo più vivido lo associo ad una gara contro Torino, trasmessa in televisione. Le telecamere della tv di Stato fecero ingresso nel nostro palazzetto. Vedere dal vivo il mitico Aldo Giordani fu una enorme emozione. Capimmo che stavamo diventando una realtà solida”.

D.) Lei non fece parte del gruppo che approdò per la prima volta in A1, nella stagione 82-83.

R.) “Ovviamente, il non avermi potuto godere l’enorme soddisfazione per quella promozione in A1, che rappresentava il coronamento di tanti anni di sacrifici fatti anche dal sottoscritto, resta un notevole rammarico. L’anno prima andammo vicinissimi al passaggio nella massima serie. Fummo battuti dalla Reyer allo spareggio. Diciamo che non fummo molto fortunati. Non facevo più parte dei piani societari”.

D.) Continuò ad essere amato in altre piazze.

R.) “A Scauri, ci rendemmo protagonisti di un campionato di serie B strepitoso. In quel torneo erano presenti squadre ed atleti di categoria superiore. Sfiorammo l’ingresso in A. Qui, ebbi l’opportunità di conoscere in maniera più approfondita un allenatore che a Caserta svolgeva la mansione di assistente: Virginio Bernardi. Una persona straordinaria dal punto di vista umano, oltre che professionista di primissimo livello. Chiusi la carriera a Capri, sempre in B. Ero ancora abbastanza giovane, ma preferii’ smettere”.

D.) Ha conosciuto l’artefice della scalata di Caserta. Quali ricordi le ispira il cavalier Giovanni Maggiò?

R.) “Persona seria, di una disponibilità encomiabile. Con lui bastava una stretta di mano, ci si intendeva al volo. Lo definisco l’uomo dal quale tutto è partito, ha dato tantissimo a questa società. Negli anni della sua presidenza, dopo la Reggia di Caserta c’era la squadra di pallacanestro. Ci ha resi famosi nel mondo”.

Autore

  • Gerardo De Biasio

    Autore anche del libro “Un Canestro di ricordi“, opinionista per PassioneBasket, curerà per noi una rubrica dedicata al basket amarcord, denominata “𝗨𝗻 𝗧𝘂𝗳𝗳𝗼 𝗻𝗲𝗹 𝗣𝗮𝘀𝘀𝗮𝘁𝗼”.