Riminese purosangue, idolo dei passionali sostenitori biancorossi. Dopo aver iniziato a giocare nella squadra della sua città, diventerà un autentico girovago. Fortitudo, Imola, Gorizia, Pavia, Roseto. Sono solo alcune tappe di una carriera infinita, che ancora prosegue in serie D. Terrore delle difese, capocannoniere in B1 e B2, con picco di 60 punti in una partita singola( a 38 anni). Miglior giocatore negli europei Master del 2019.

Per gli amici di 𝑷𝒂𝒔𝒔𝒊𝒐𝒏𝒆𝑩𝒂𝒔𝒌𝒆𝒕 ecco allora la mia intervista ad Alessandro Angeli. Buona Lettura!

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D.) Cosa la spinge ad allacciarsi le scarpe ed a a calcare il parquet con immutata grinta?

R.) “La passione infinita che nutro per la pallacanestro. Ho sempre attribuito alla cura del mio corpo notevole importanza. Gestisco una palestra a Rimini, faccio il personal trainer. Seguo un’alimentazione sana, la struttura del mio fisico mi consente di difendermi bene. Gioco a Montecchio, alla bella età di 59 anni”.

D.) Parliamo del rapporto tra lei e la Rimini dei canestri. Cosa vuol dire difendere i colori della propria città?

R.) “E’ una responsabilità non di poco conto. Sono cresciuto in un basket che dava molta importanza al vivaio. Ai miei tempi, molte squadre erano formate da ragazzi del posto. La gente si aspettava molto da noi, ed era in certi casi ipercritica. Nel contempo, è chiaro che portare in giro il nome di Rimini sia stato un onore”.

D.) Il percorso riminese iniziò da giovanissimo.

R.) “Nel 1982. Avevo soltanto 17 anni quando debuttai in A2. Nell’ 83-84 ero nel roster che affrontò per la prima volta in A1. Dopo due anni vissuti ad Umbertide e Cagliari, ritornai a casa nell’86 e vi rimasi tre anni. Uno nella massima serie, due di nuovo in A2. Nel 1991 contribuii’ alla promozione dalla B. Nel 96 l’ultima stagione in biancorosso”.

D.) Annata 89-90, quella del grande salto alla Effe scudata. Come ha vissuto l’esperienza a basket city?

R.) “Sebbene abbia militato in Fortitudo un solo anno, conservo di quel periodo ricordi bellissimi. Tutti sanno quanto siano legati alla propria squadra i tifosi fortitudini. Con loro ho tuttora splendidi rapporti. Ci seguivano in massa anche in trasferta, non eravamo mai soli”.

D.) Parliamo di allenatori. Esiste qualcuno al quale è più legato?

R.) “Tutti hanno rivestito grande importanza ai fini della mia crescita. Piero Pasini mi gettò nella mischia quando ero un adolescente, con Gianfranco “Dado” Lombardi debuttai in A1. Lo stesso Mauro Di Vincenzo mi ha trasmesso insegnamenti importanti. A Gorizia mi allenò il leggendario Drazen Dalipagic, enciclopedia vivente di pallacanestro. Con lo stesso Giampiero Hruby ho avuto un eccellente rapporto”.

D.) Rimpianti?

R.) “Sono soddisfatto di quanto raccolto. Ogni tanto, però, mi capita di pensare che se avessi tenuto un po’ a freno la mia lingua avrei avuto l’opportunità di giocare a livelli ancora più alti. Non sono mai stato bravo nell’arte della diplomazia. Amo dire ciò  che penso in ogni occasione. Ma si vede che doveva andare così. Ho avuto modo di misurarmi con avversari straordinari. Per stare nel campionato italiano dovevi saperci fare, altrimenti non duravi mica”.

D. ) Le qualità realizzative non le hanno mai fatto difetto. Che tipo di giocatore è stato?

R.) “Non essendo particolarmente alto, tiravo da fuori e penetravo con una certa rapidità. Allora i ruoli erano ancora ben definiti. Diciamo che sono stato una sorta di combo tra play e guardia. In qualche modo, le mie caratteristiche anticiparono il play del futuro”.

D.) Tra i primi a sondare il mercato estero. Come andò?

R.) “Avvenne in tempi immediatamente successivi alla sentenza Bosman. Interessante l’esperienza di Murcia. Palazzetti pieni e campionato che iniziava a diventare ultra competitivo. In Francia, ad Evreux sono stato solo alcuni mesi. I cestisti di Spagna e Francia sono molto patriottici. Vivevano la presenza di atleti stranieri come una specie di competizione”.

D.) In nazionale, le gioie gliele ha date la categoria Master, dove furoreggia.

R.) “Vero, ci siamo aggiudicati diversi titoli mondiali ed europei. Questi tornei ti consentono di girare il mondo ed incontrare vecchia amici sparsi tra le varie nazioni partecipanti. Attenzione, però: la componente agonistica è fortissima, come è giusto che sia. Tutti vogliono vincere”.

D.) A proposito di grandi uomini ed allenatori vincenti: proprio grazie alle competizioni Master ha cementato l’amicizia con il compianto Alberto Bucci.

R.) “Uomo dalle eccelse doti umane e tecnico di grandissimo valore. Eravamo molto amici, spesso facevamo colazione insieme. La sua prematura scomparsa ha lasciato davvero un grande vuoto”.

Autore

  • Gerardo De Biasio

    Autore anche del libro “Un Canestro di ricordi“, opinionista per PassioneBasket, curerà per noi una rubrica dedicata al basket amarcord, denominata “𝗨𝗻 𝗧𝘂𝗳𝗳𝗼 𝗻𝗲𝗹 𝗣𝗮𝘀𝘀𝗮𝘁𝗼”.