Classe 1973, professione ala/pivot. Tra i prospetti più promettenti della sua generazione, vanta una solida carriera in serie A. Due ottime stagioni a Desio gli fanno guadagnare il passaggio alla Juve Caserta, dove rimarrà sei anni. Seguiranno le esperienze di Sassari e Barcellona Pozzo di Gotto. Argento europeo in nazionale a livello juniores ed under 22.

Per gli amici di 𝑷𝒂𝒔𝒔𝒊𝒐𝒏𝒆𝑩𝒂𝒔𝒌𝒆𝒕 ecco allora la mia intervista ad Alberto Brembilla. Buona Lettura!

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D.) Una carriera longeva. Che tipo di giocatore è stato?

R.) “Amavo agire sia dentro che fuori l’area. Il mio mio career-high risale ai tempi di Caserta, quando segnai 44 punti in una gara di A2. Ho avuto la fortuna di vivere un basket che aveva nella tecnica l’aspetto preminente. Oggi prevale la prestanza fisica, i ruoli non sono ben definiti. Limitandomi allo spot da me occupato sul parquet, ritengo che i lunghi vadano riscoperti, valorizzati appieno. Un pivot non può limitarsi a fare i blocchi, come non di rado accade”..

D.) Si dice sempre di responsabilizzare i giovani. Lei ne sa qualcosa, in tal senso.

R.) “Ranko Zeravica, esponente faro della scuola slava, mi lanciò nella mischia in A1 che avevo soltanto 16 anni. Il debutto avvenne addirittura contro l’Olimpia Milano. il coach mi  se me la sentissi di giocare, gli risposi di sì senza alcuna esitazione. A fine partita chiesi gli autografi a Meneghin e compagni. Era la famigerata stagione 89-90”.

D.) Famigerata in quanto, quell’Irge Desio, collezionò 30 sconfitte su altrettante gare. Come fu possibile?

R.) “Qualche partita meritavamo di portarla a casa. Ne perdemmo diverse di pochi punti, qualcuna ai supplementari. Colmo della malasorte volle che uscissimo battuti anche quando il grande Mike McGee mettesse a referto uno spettacolare 17/30 da tre. Ovviamente quando perdi la frustrazione prende il sopravvento, ma noi lottammo con tutte le nostre forze”.

D.) L’ascesa del giovane Brembilla non conosce soste. Nel 1991 passa dalla A2 a vestire la canotta con il tricolore sul petto.

R.) “Avevo la possibilità di scegliere tra diverse opzioni, ma volevo a tutti i costi giocare a Caserta. Era una società in ascesa, dal futuro che appariva luminoso. Tra l’altro, ero un fan degli scugnizzi che sorpresero Milano e si fregiarono del titolo. Ero presente al Forum in occasione della famosa gara-5 del 22 maggio 1991”.

D.) Dal 1991 al 1997 vestirà di bianconero. Cosa ha significato questa lunga parentesi?

R.) Avevo 18 anni ed il cuore pieno di speranza. Sbarcai in un posto fantastico. Il PalaMaggiò era un autentico gioiello, il pubblico competente ed entusiasta. Giocai in coppa campioni, mi sembrava tutto irreale. Assistere da  vicino alle prodezze di un campione del calibro di Charles Shackleford fu qualcosa di unico. Ho giocato in squadra insieme a cestisti straordinari: Gentile, Esposito, Dell’Agnello, Pace Mannion, Tellis Frank. Il compianto Davide Ancilotto”.

D.) Il declino si manifestò subito. All’apice seguì il brusco risveglio.

R.)Nella prima stagione raggiungemmo i playoff, l’anno dopo ci salvammo tra mille difficoltà. .Nel 1994 retrocedemmo dopo i playout. La squadra venne progressivamente smantellata, i pezzi pregiati ceduti ad altre società. Un vero peccato che una piazza come Caserta sia tuttora lontana dai grandi palcoscenici”.

D.) Lei si trasferirà in un’altra piazza che si affacciava al basket di livello: quella Sassari divenuta anni dopo ospite fissa della serie A.

R.) “Anche in questo contesto si respirava un entusiasmo contagioso. Si percepiva che qualcosa di importante stava per materializzarsi. Ebbi l’onore di conoscere l’avvocato Dino Milia, presidente ed anima della Dinamo Sassari. Adoro la Sardegna. Qui ho conosciuto mia moglie, e sono rimasto a vivere”.

D.) Altro posto caldo, in tutti i sensi. Nell’annata 99-00 partecipa all’ascesa di Barcellona. Qual i ricordi conserva?

R.) “Ricordi meravigliosi. Da neopromossi raggiungemmo la finale di A2, venendo superati solo da Udine in una serie durissima”.

D.) Chiudiamo accennando agli allenatori. Com’erano i rapporti con loro?

R.) “Prima ti parlavo di Zeravica. Con lui affrontavamo allenamenti faticosissimi, anche alle sei di mattina. Finivamo stanchi morti, ma in campo volavamo. Con Marcelletti e Perdichizzi c è sempre stato un rapporto improntato al reciproco rispetto.”   

Autore

  • Gerardo De Biasio

    Autore anche del libro “Un Canestro di ricordi“, opinionista per PassioneBasket, curerà per noi una rubrica dedicata al basket amarcord, denominata “𝗨𝗻 𝗧𝘂𝗳𝗳𝗼 𝗻𝗲𝗹 𝗣𝗮𝘀𝘀𝗮𝘁𝗼”.