Nato a Reggio Emilia da genitori egiziani, Houssam se la cavava egregiamente sia da ala grande che da centro. Mano educata, tiro efficace dalla media, si faceva rispettare anche da tre. Formatosi nella Pallacanestro Reggiana, amatissimo a Caserta. Fossombrone, Barcellona Pozzo di Gotto e Ferrara le altre fermate di una carriera interrotta troppo presto, per sua volontà. Mi bastano poche parole per intuire di trovarmi di fronte ad una persona sincera. Il classico bravo ragazzo che fa dell’onestà un principio saldissimo.
Per gli amici di 𝑷𝒂𝒔𝒔𝒊𝒐𝒏𝒆𝑩𝒂𝒔𝒌𝒆𝒕 ecco allora la mia intervista a Houssam Gamal. Buona Lettura!
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D.) I primi passi con un pallone tra le mani?
R.) “A Reggio Emilia, dove ho percorso la classica trafila da quando avevo 12 anni fino alla prima squadra. Vincemmo uno “scudettino” Under 20, tra l’altro al primo anno che venne istituita questa categoria. Ci tengo in modo particolare, trattandosi di un trofeo conquistato proprio a cavallo dei miei vent’anni. A guidare quella squadra Andrea Menozzi, validissimo tecnico nel pianeta delle giovanili. Quel roster comprendeva anche Angelo Gigli, ragazzo d’oro e grande giocatore”.
D.) Nel 2004 quella Reggio targata Bipop-Carire approda in A1.
R.) “Soddisfazione enorme per il pubblico reggiano, che ha sempre seguito la squadra con tantissima passione. Per quanto riguarda me, non sfruttai appieno le opportunità che mi vennero concesse. Non riuscii’ ad esprimermi come avrei voluto. Devo però aggiungere che, quando sei un elemento del vivaio, si tende in generale a guardare con occhio più benevolo chi viene da fuori”.
D.) Arriva la chiamata di Caserta, una svolta per te.
R.) “Avevo richieste da altri club, che mi offrivano anche più soldi. Ma quando Franco Marcelletti, che già mi conosceva, mi chiamò non ebbi alcuna remora ad accettare la proposta della Juve. Anzi, ne fui davvero onorato. Il pensiero di approdare in una società storica del basket italiano mi galvanizzava. Mi sono commosso nel guardare il documentario Scugnizzi per sempre. Le imprese di quel gruppo straordinario che sfidò le grandi e vinse un magnifico scudetto sono incancellabili”.
D.) Sono certo di interpretare il pensiero dei tifosi casertani. Chi, come il sottoscritto, ti ha visto impegnarti a fondo per onorare la canotta bianconera non può che apprezzarti.
R.) “Da Caserta non sarei mai andato via, la reputo la mia seconda casa. Ho trovato un ambiente meraviglioso. Gente competente e piena di passione, che non ci ha mai fatto mancare il proprio calore. Una città che vive di pallacanestro, dove venni accolto con una ospitalità senza pari. Sono casertano d’adozione. Ricevetti offerte da società cestisticamente “nemiche” di Caserta. Le ho sempre rifiutate: non volevo tradire i tifosi bianconeri”.
D.) Come andò questa esperienza per quanto riguarda i risultati?
R.) “Nel primo anno, sebbene fossi arrivato solo a metà stagione, mi integrai subito nei meccanismi della squadra. Raggiungemmo i playoff. Venimmo eliminati dalla Virtus Bologna, dopo averle tenuto testa in quattro partite. Giocavamo con la mente leggera, senza pressione. Firmai un biennale, convinto che avremmo proseguito nel percorso di crescita. Invece a gennaio mi infortunai in una gara contro Ferrara. Dopo aver segnato una tripla, caddi sul piede di Jobey Thomas in modo del tutto fortuito. Da quel momento ebbi una flessione, persi il ritmo partita. Ero pronto a rinnovare il contratto, solo che i vertici societari optarono per altre scelte”.
D.) Così scendesti in B.
R.) “Sì, soprattutto per non ritrovarmi a giocare contro la mia amata Juve Caserta. Giocai a Fossombrone e Barcellona. Con entrambe ci qualificammo ai playoff, facendo annate davvero positive. Ultima stagione a Ferrara”.
D.) Ti sei ritirato giovanissimo. Come mai?
R.) “Scelta istintiva, della quale non mi sono mai pentito. Ho voluto abbandonare la scena all’apice, nel pieno della forza fisica. Eppure, le offerte anche importanti economicamente non mi mancavano di certo. Mi era venuto a noia questo ambiente, non ho mai voluto giocare per soldi. Per me la parola data è sacra. Non ho mai derogato ai miei principi, ai miei valori”.
D.) Le partite che ti hanno più emozionato?
R.) “Gli infuocati derby con Scafati giocati in un Pala Maggiò incandescente, strapieno. In quelle sfide la palla era leggerissima, perché la folla ti sospingeva, incitandoti senza sosta. Poi, sembrerà paradossale, ma ricordo piacevolmente anche il match contro Ferrara dove mi feci male. In 15′ minuti avevo segnato 15 punti. Ero davvero in splendida forma”.
D.) Come te la cavavi con gli allenatori?
R.) “Inevitabile avere qualche difformità di vedute, ma non si sono mai verificati screzi insanabili. Ho incontrato professionisti di altissimo livello. Ti ho già accennato a Menozzi e Marcelletti. Aggiungi Martelossi, Frates, Dalmonte ed il quadro è completo”.