I modi gentili e l’immediata disponibilità me lo rendono subito simpatico. Accetta di buon grado di raccontarsi. E’ stato un lungo moderno, in anticipo sui tempi.

Dopo aver catturato un rimbalzo apriva prontamente il contropiede. Era altresì dotato di mano educata dalla media distanza. Il suo tiro in sospensione da fuori area ha creato grattacapi a parecchie difese. Molto valido anche sotto il profilo atletico.

Per gli amici di 𝑷𝒂𝒔𝒔𝒊𝒐𝒏𝒆𝑩𝒂𝒔𝒌𝒆𝒕 ecco allora la mia intervista a 𝗝𝗼𝗵𝗻 𝗘𝗯𝗲𝗹𝗶𝗻𝗴. Buona Lettura!

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𝗗.) 𝗔 𝗾𝘂𝗮𝗻𝘁𝗼 𝗿𝗶𝘀𝗮𝗹𝗲 𝗹’𝗮𝗺𝗼𝗿𝗲 𝗽𝗲𝗿 𝗹𝗮 𝗽𝗮𝗹𝗹𝗮𝗰𝗮𝗻𝗲𝘀𝘁𝗿𝗼?

𝗥.) “Ho iniziato a giocare a 14 anni. Ero piuttosto restio a cimentarmi in questa disciplina. Il mio allenatore delle scuole medie, che era anche l’insegnante di inglese, mi convinse. Ero di gran lunga il piu’ alto della scuola, quindi mi disse che sarei stato portato per questo sport. L’amore per il basket si è evoluto nel corso degli anni, è stato coronato anche da un certo successo. Quando raggiunsi i 18 anni, già amavo alla follia la pallacanestro”.

𝗗.) 𝗖𝗶 𝗽𝘂𝗼𝗶 𝗶𝗻𝗱𝗶𝗰𝗮𝗿𝗲 𝗴𝗹𝗶 𝗮𝗹𝗹𝗲𝗻𝗮𝘁𝗼𝗿𝗶 𝗰𝗵𝗲 𝗵𝗮𝗻𝗻𝗼 𝗶𝗻𝗰𝗶𝘀𝗼 𝘀𝘂𝗹𝗹𝗮 𝘁𝘂𝗮 𝗰𝗿𝗲𝘀𝗰𝗶𝘁𝗮 𝗽𝗿𝗼𝗳𝗲𝘀𝘀𝗶𝗼𝗻𝗮𝗹𝗲?

𝗥.) “Ogni allenatore che abbia avuto mi ha insegnato qualcosa. Sarò sempre grato a Marco Calamai. E’ stato il mio primo coach in Italia, era il 1982. Al liceo, conobbi Pete Leonard e Jake Tarr, che hanno avuto su di me un’influenza incredibile. Al college incontrai Hal Wissel e Wes Aldrich: mi hanno insegnato a vincere. Per quanto concerne l’Europa, oltre al già citato Calamai, anche qui sono stato molto fortunato, avendo conosciuto grandi maestri e persone umanamente straordinarie. L’elenco è piuttosto lungo. Comprende Di Lorenzo, D’Amico, Pancotto, Dalmasson, Forlani, Pillastrini, lo svizzero Carrettoni, per un breve periodo anche Trinchieri, Bernardi, Trullo, Lombardi. Mauro Di Vincenzo, forse l’allenatore più sottovalutato in Italia. Ho appena sentito Tony Trullo, dopo 25 anni. A Ferrara svolse un lavoro eccellente, quando ottenemmo la promozione in A2. Non glielo avevo mai detto prima”..

𝗗.) 𝗨𝗻 𝗿𝗮𝗽𝗽𝗼𝗿𝘁𝗼 𝗽𝗿𝗶𝘃𝗶𝗹𝗲𝗴𝗶𝗮𝘁𝗼 𝗹𝗮 𝗹𝗲𝗴𝗮 𝗮𝗹𝗹’𝗜𝘁𝗮𝗹𝗶𝗮.

𝗥.) “Vivo in questo meraviglioso paese da oltre 40 anni. Ho sposato Isabella, una ragazza di Ferrara. Chi ha giocato o allenato, deve avere accanto qualcuno di speciale, in quanto la vita di uno sportivo vive giorni buoni ed altri meno. Il ruolo che una compagna di vita riveste è molto sottovalutato, ma è importantissimo per il successo e la serenità di un atleta”.

𝗗.) 𝗦𝗽𝗲𝗰𝗶𝗮𝗹𝗲 𝗶𝗹 𝗹𝗲𝗴𝗮𝗺𝗲 𝗰𝗼𝗻 𝗹𝗮 𝗰𝗶𝘁𝘁𝗮̀ 𝗱𝗶 𝗙𝗲𝗿𝗿𝗮𝗿𝗮.

𝗥.) “Sono stato fortunato a giocare i miei primi anni in questa splendida città, che all’epoca viveva il boom del basket. Qui, i tifosi mi hanno sempre trattato come un figlio. Il loro supporto mi ha fornito entusiasmo per il prosieguo della carriera”.

𝗗.) 𝗥𝗶𝗽𝗲𝗿𝗰𝗼𝗿𝗿𝗶𝗮𝗺𝗼 𝗯𝗿𝗲𝘃𝗲𝗺𝗲𝗻𝘁𝗲 𝗹𝗲 𝗮𝗹𝘁𝗿𝗲 𝘀𝘂𝗲 𝘁𝗮𝗽𝗽𝗲 𝗶𝘁𝗮𝗹𝗶𝗮𝗻𝗲.

𝗥.) ” Firenze, Forlì, Cantù, Fabriano, Reggio Emilia, Cremona, Cento e Lumezzane. Città bellissime. Sono stato bene ovunque”.

𝗗.) 𝗔𝗻𝗰𝗵𝗲 𝗶𝗻 𝗦𝗽𝗮𝗴𝗻𝗮 𝘁𝗶 𝘀𝗲𝗶 𝗯𝗲𝗻 𝗱𝗶𝘀𝗶𝗺𝗽𝗲𝗴𝗻𝗮𝘁𝗼 𝗰𝗼𝗻 𝘀𝘂𝗰𝗰𝗲𝘀𝘀𝗼. 𝗖𝗶 𝗽𝗮𝗿𝗹𝗶 𝗱𝗲𝗴𝗹𝗶 𝗮𝗻𝗻𝗶 𝗶𝗯𝗲𝗿𝗶𝗰𝗶?

𝗥.) “Dopo Firenze, mi venne offerto un contratto con il Real Madrid. Sarei stato compagno di squadra dell’immenso Drazen Petrovic. Sfortunatamente dovetti fare i conti con un infortunio, che mi impedì di realizzare quel sogno. Nella Acb, sono stato a Murcia, Granada, Granollers e Badalona. Inoltre, anche qui sono stato allenato da grandi tecnici: Josè Oleart e Pedro Martinez. Direi che non posso lamentarmi”.

𝗗.) 𝗥𝗶𝗽𝗲𝗻𝘀𝗮𝗻𝗱𝗼 𝗮𝗴𝗹𝗶 𝗮𝗻𝗻𝗶 𝘃𝗶𝘀𝘀𝘂𝘁𝗶 𝗶𝗻 𝗰𝗮𝗺𝗽𝗼, 𝗾𝘂𝗮𝗹𝗶 𝗿𝗲𝗽𝘂𝘁𝗶 𝘀𝗶𝗮𝗻𝗼 𝘀𝘁𝗮𝘁𝗲 𝗹𝗲 𝘁𝘂𝗲 𝗽𝗮𝗿𝘁𝗶𝘁𝗲 𝗽𝗶𝘂’ 𝗯𝗲𝗹𝗹𝗲?

𝗥.) “Conservo ricordi indelebili, come la vittoria nel campionato College Ncaa Division II, la promozione in A1 con Firenze, il passaggio in A2 con Ferrara. Ma devo dire che il compito più gratificante è stato quello di essere padre e marito. Questo gioco dura tutta la vita, ed è molto più difficile del basket”.

𝗗.) 𝗦𝗲𝗶 𝘀𝘁𝗮𝘁𝗼 𝗽𝗿𝗼𝘁𝗮𝗴𝗼𝗻𝗶𝘀𝘁𝗮 𝗶𝗻 𝗮𝗻𝗻𝗶 𝗰𝗮𝗿𝗮𝘁𝘁𝗲𝗿𝗶𝘇𝘇𝗮𝘁𝗶 𝗱𝗮 𝗰𝗮𝗺𝗽𝗶𝗼𝗻𝗶 𝘀𝘁𝗿𝗮𝘁𝗼𝘀𝗳𝗲𝗿𝗶𝗰𝗶. 𝗖𝗶 𝗽𝘂𝗼𝗶 𝗺𝗲𝗻𝘇𝗶𝗼𝗻𝗮𝗿𝗲 𝗾𝘂𝗲𝗹𝗹𝗶 𝗰𝗵𝗲 𝘁𝗶 𝗵𝗮𝗻𝗻𝗼 𝗽𝗶𝘂̀ 𝗶𝗺𝗽𝗿𝗲𝘀𝘀𝗶𝗼𝗻𝗮𝘁𝗼?

𝗥.) “Ce ne sono troppi, rischio di dimenticarne qualcuno. Oscar, Dawkins, Sabonis, Mike Mitchell, D’Antoni, Meneghin; Rogers, Frederick, Myers, Buinelli, Douglas, Restani, Singleton, Crow, Jeelani, Dan Gay, Joe Bryant, Rod Griffin; Kea, Flowers, Mannion, Mario Boni, Boiue, Hackett, Embry, Corey Crowder, Brett Vroman, Jay Bilas, Nando Gentile e Vincenzo Esposito. Ho avuto compagni di squadra altrettanto indimenticabili. JJ Anderson, Thurl Bailey, Kenny “Sky” Walker, Pete Myers. Ciò che più conta, e l’aver amato ogni momento della competizione. Il sapore della sfida è l’aspetto che ti manca di più quando smetti di giocare”.

Autore

  • Gerardo De Biasio

    Autore anche del libro “Un Canestro di ricordi“, opinionista per PassioneBasket, curerà per noi una rubrica dedicata al basket amarcord, denominata “𝗨𝗻 𝗧𝘂𝗳𝗳𝗼 𝗻𝗲𝗹 𝗣𝗮𝘀𝘀𝗮𝘁𝗼”.