Ha fatto dell’agonismo il punto di forza, era capace di ricoprire diversi ruoli. Inizia da ala piccola, con gli anni si sposta più vicino a canestro. Verona, Reggio Emilia, Varese, Teramo le tappe di un percorso interessante. 

Per gli amici di 𝑷𝒂𝒔𝒔𝒊𝒐𝒏𝒆𝑩𝒂𝒔𝒌𝒆𝒕 ecco allora la mia intervista a 𝐆𝐢𝐨𝐫𝐠𝐢𝐨 𝐁𝐨𝐬𝐜𝐚𝐠𝐢𝐧. Buona Lettura!

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D.) Una medaglia con la maglia della nazionale è sempre un bel raccontare. Se le dico Giochi del Mediterraneo di Almeria nel 2005?

R. ) “Sono ricordi stupendi da rievocare. Quella nazionale era guidata da una leggenda come Carlo Recalcati, affiancato dal grande Fabrizio Frates. Eravamo una bella squadra, composta da elementi che hanno giocato da protagonisti nel nostro campionato. In finale battemmo la Grecia di un solo punto, dopo una partita molto combattuta. Ero in lizza per partecipare ai mondiali del Giappone l’anno dopo, venni tagliato all’ultimo momento”.

D.) Magari i rammarichi sono legati alla serie di infortuni che l’hanno perseguitata?

R.) “Non ero un super atleta, l’aver patito diversi stop causa problemi fisici mi ha indubbiamente condizionato. A tarparmi le ali più di tutti il secondo grave infortunio al ginocchio, giunto proprio quando potevo spiccare il salto definitivo. Continuai su buoni livelli, ma mi accorgevo che qualcosa avevo perso a livello di reattività”.

D.) La si è sempre definita un lottatore, ma c è anche dell’altro. Non crede?

R.) “Non essendo dotato di particolare talento naturale, ho imperniato la mia crescita su lavoro ed applicazione. La costanza non mi è mai mancata. Per me era fondamentale essere un uomo squadra, sempre pronto a dare una mano ai compagni. Ritengo di essere stato un buon difensore. Nei primi anni agivo da guardia-ala, fino a diventare ala forte. Mi sono costruito anche un affidabile tiro da tre”.

D.) La passione per la pallacanestro come nasce?

R.) “A convincermi furono due miei cugini. Io giocavo a calcio, secondo la tradizione adolescenziale di milioni di ragazzi. Ho coperto l’intera trafila nella Scaligera Verona, a 16 anni la prima panchina in serie A. Dopo il fallimento di Verona, mi cedettero ad una società satellite di Reggio Emila, a Castelnovo di Sotto. Disputai la B2”.

D.) Dopo di che si parte per l’Emilia, destinazione Reggio. Diventerà un giocatore importante di questo club.

R.) “A Reggio c è il culto della pallacanestro, mi sono trovato benissimo. Abbiamo vinto lo scudetto under 20, preso parte all’Uleb Cup, soprattutto disputammo la finale di coppa Italia, battuti solo dalla fortissima Treviso”.

D.) Varese e Teramo cosa hanno significato?

R.) “Essere stato un giocatore di un club  mitico del basket europeo come Varese mi ha naturalmente inorgoglito. Il primo anno si concluse con un’amarissima retrocessione. Nella seconda stagione, fino a febbraio facevo parte del roster che a fine anno riconquistò immediatamente la massima serie. Anche a Teramo trovai un ambiente eccezionale, dove potetti esprimermi al meglio”.

D.) Le personali partite da ricordare?

R.) “Andando indietro nel tempo, ricordo volentieri ottime prestazioni con il Castelnovo di Sotto. Poi, i 16 punti contro Livorno ed i 25 contro Roma. Le stesse Final Eight del 2005 restano un ricordo piacevolissimo, nonostante la l’esito conclusivo. Vincemmo con Milano e Roma, seguiti da migliaia di reggiani. Ovviamente non posso non citare la coppa Italia di Lega due vinta a Verona”.

D.) Allenatori importanti?

R.) “Tutti, a partire da Riccardo e Fabio Barba, proseguendo con Andrea Menozzi e Ramagli. Di Recalcati e Frates ti ho detto in precedenza”.

Autore

  • Gerardo De Biasio

    Autore anche del libro “Un Canestro di ricordi“, opinionista per PassioneBasket, curerà per noi una rubrica dedicata al basket amarcord, denominata “𝗨𝗻 𝗧𝘂𝗳𝗳𝗼 𝗻𝗲𝗹 𝗣𝗮𝘀𝘀𝗮𝘁𝗼”.

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